I prodigi del cervello umano

montagna universo


Eugenio Incompreso avanza ansimando lungo il sentiero che s’inerpica sinuoso verso la sommità del costone. Dopo le ultime settimane trascorse saltabeccando tra congressi internazionali e ospitate televisive, prendersi un po’ di respiro nel silenzio autunnale delle Dolomiti è proprio ciò di cui ha bisogno. Giunto al punto panoramico, l’ebbrezza da altitudine fomenta l’attitudine a tenere conferenze, spingendolo a rivolgersi a se stesso ad alta voce.
– “Eh… mio caro Eugenio, sarà il peso degli anni… o quello del nobel che t’hanno appioppato tra capo e collo, ma qui… eh… qui o ci si ferma un po’ e si prende fiato… o schianti.”
L’aria frizzante gli accarezza i radi ciuffi bianchi, solleticando l’ombra d’un sorriso, ma il sole del primo pomeriggio è particolarmente caldo e luminoso, così che la miscela di colori rossi, verdi e gialli esalta l’arte pittorica della clorofilla nel dirupo boscoso.
– “Che spettacolo… che intensità… e che vertigine!”
Respira a fondo, poi riprende a salire, godendosi la pace silenziosa dell’anacoreta. Non che le folle plaudenti e la fama mondiale siano meno corroboranti, ma anche un guru del nuovo millennio prima o poi sente il bisogno di ritrovare un po’ d’intimità con la natura più incontaminata.
– “Intuendo il vicolo cieco…” – sfiata affannato – “imboccato dal frenetico affannarsi della vita moderna ….il saggio pose la domanda: basterà una presa di coscienza per ricaricare… le batterie dell’homo tecnologicus?”
Se la conta e se la ride, Eugenio, mentre indugia e spazia con lo sguardo verso valle per abbracciare la bellezza naturale delle cose, abbandonandosi a un breve slancio lirico.

– “Mera illusione e mera… viglia
s’appaiano all’interno della mente
che spudorata mente a vista d’occhio
stivando l’universo in un corbello

Sospeso il fiato e pure le parole
comprendo i sensi eppure non capisco
ove si celi un mondo che non c’è lì
se spazio cieli e mari stando quiz”

Che bel sapore tronfio ha il suo sapere decantato in versi: il suono è morbido e fruttato sulla punta della lingua, anche se il retrogusto è amaro. Sovreccitato dall’intensità degli input sensoriali, Eugenio gonfia il cervello a mo’ di mongolfiera e viaggia col pensiero in dimensioni parallele fino a scovarne il punto di contatto all’infinito: ohi, non per nulla è il più grande poeta-filosofo-astrofisico vivente…
D’un tratto, chiude gli occhi e grida a rompicapo.
– “Possiamo percepire l’universo astrale e astrarlo, ecco la meraviglia del cervello! Milioni d’anni d’evoluzione, continui upgrades e sempre nuove mirabolanti applicazioni, quesiti web pieni di parole, foto e video per giungere… ineccepibilmente… quiz!!”
Si gratta il naso, dopodiché prosegue il suo sermone ad alta voce, costringendo la vallata a offrire un’adeguata cassa di risonanza al volo pindarico dell’ingegno umano.
– “Siamo i migliori bignè alla crema che la premiata pasticceria della natura abbia mai sfornato: colando nei buchi della scatola cranica, la realtà farcisce il cervello e genera infiniti mondi soggettivi… mondi per tutti i gusti, sia giusti che guasti, così che nelle menti nuovi elementi si scompaginano, si scompongono… si decompongono! Sì, sì, sììì!!! Siamo tutti menti fermenti! Magicamente la realtà farcisce e marcisce, farcisce e marcisce, fertilizzando le più alte concime del sapere umano.”
Indica la tempia destra con un dito, concedendosi una pausa a effetto, poi prosegue.
– “E dalle menti… dalle menti spuntano larve di pensiero nuovo: larve bianchissime, fogli immacolati pronti a ricomporsi in universi di versi, vele spiegate alla scoperta dell’ignoto… ecco: dal mirabile spettacolo della natura alla suprema bellezza del pensiero creativo, il passo è adesso!”
E’ un treno in corsa, Eugenio, un treno che deraglia e spazia libero per monti e per vallate, saltando ostacoli con l’agilità surreale d’un pachiderma emulo di Fosbury. Oplà. Salta e si esalta.
– “Sììì, sìììì! Il punto di contatto all’infinito, l’amplesso in cui per un momento percepiamo sia l’immensità dell’universo che quella del cervello umano, tutto raccolto e coagulato in un pensiero. L’evoluzione ha messo a punto il dispositivo mentale che incarna il punto di non ritorno, esplodendo nel big bang. Noi siamo il big bang! Noi siamo l’universo. Noi siamo arte, punto. Esclamativo!”
Paonazzo in volto, riprende fiato e ascolta il battito del cuore, fattosi tumultuoso. Esita ripetutamente prima di ripartire, attendendo che la pressione arte-riosa torni sotto controllo.
– “Ascoltami universo, ascoltami fin nel più recondito degli angoli del cosmo…”
Sale su un masso, inspira ed espira lentamente, immaginando di inalare l’intero infinito.
– “Sento la risonanza… sento vibrare l’io dell’universo assieme al noi del multiverso, sento il pensiero accarezzare la realtà e le stringhe fino ad attingere l’accordo giusto. Plìììn. Ecco: il pensiero umano è l’onda armonica che abbraccia l’universo… è l’onda anomala che monta e che si spande, lo tsunami che tutto permea e travolge entrando in simbiosi con la musica del cosmo. Dissolve e crea, crea e dissolve.”
Eugenio lascia che la forza delle emozioni lo travolga, trasfigurando l’ingegno umano in un’opera d’arte capace di evocare i sintomi della sindrome di Stendhal: è un’esperienza tanto mistica quanto sensibile, pronta a riconciliarlo con l’infinitamente grande. Sente il potere del pensiero espandersi in ogni direzione, oltre lo spazio-tempo, giungendo ai limiti dell’universo così da percepirlo tutto, dall’interno e dall’esterno, nello stesso istante.
– “Sìììì! Ascolta la mia voce! Ascolta la tua voce, dio universo!!”
Su un costone roccioso a un centinaio di metri di distanza in linea d’aria, un vecchio pastore osserva attentamente l’uomo che gesticola sul masso. Tende l’orecchio, ma una lieve brezza da ponente porta via ogni suono. Il vecchio sorride: colori a parte, la scena pare quella d’un film muto d’anteguerra.




(in caso di cose da dire all’autore: malosmannaja@libero.it)